martedì 23 settembre 2014

DUE IMPERFETTI SCONOSCIUTI



Esiste il contrario di déja vu. Lo chiamano jamais vu. È quando incontri le stesse persone o visiti gli stessi posti in continuazione, ma ogni volta è come fosse la prima. Tutti sono sconosciuti, sempre. Niente risulta mai familiare.
C. Palahniuk







Partiamo da un trucco. Quello che si era messo con cura Bea quella sera per sembrare più vispa e determinata del solito, stando bene attenta a non sbavare col rimmel e a coprire col fard tutte le lentiggini che col sole affioravano prepotentemente sulle guance.
Da qualche giorno ormai la stanchezza di mesi di lavoro aveva lasciato il posto ad una pelle più distesa e rilassata. La vacanza che stava consumando al mare stava dando i suoi primi benefici.

Bea stava lì, sola in quel suo angolo di mondo, a pochi passi dalla spiaggia, su un lungomare popolato, con gli occhi di chi scruta, osserva e prende appunti nella mente; le braccia vuote di chi cerca un abbraccio che non arriva; la voce di chi vorrebbe buttar fuori parole incastrate da troppo tempo nella laringe ma non sa a chi dirle. 
Lì, distratta solo dalle urla di qualche bambino che saltella felice mangiando un gelato o con un nuovo palloncino tra le mani mentre bada a non farlo volare via e pronta a scommettere col mondo che anche quell'estate non avrebbe brindato ad una nuova conoscenza. 
Più in là Simone, appoggiato alla sua moto, il casco infilato nel braccio, lo zaino in spalla, le cuffie alle orecchie, il cellulare tra le mani, il chewingum tra i denti. Disperato. O stanco. Dava l'idea di aver percorso parecchi chilometri e di essersi perduto. Oppure stava solo ricalcolando il suo itinerario. 
Lei lo conosceva appena, viveva nel suo quartiere, ma non si erano mai frequentati, si salutavano ogni tanto. Ricordava che lui era sempre stato un appassionato di moto.
In men che non si dica Bea e Simone camminavano vicini sul lungomare. Successe tutto molto in fretta. Bastò uno sguardo a farli riconoscere. La persona più improbabile che avrebbe pensato di incontrare era lì accanto a lei a raccontargli delle sue avventure, i suoi progetti, le sue bravate.
E anche lei parlava, parlava, parlava tirando fuori finalmente quelle infinite parole soffocate da troppo tempo, come se avesse trovato il suo più intimo confidente.
Poi una birra, una camminata, un posto sulla spiaggia dove accucciarsi dietro una barca ormeggiata che ripara dal vento e dagli sguardi indiscreti e il tempo stava trascorrendo velocemente.
Bea e Simone come due sconosciuti che si conoscevano meglio di qualunque altra relazione riconosciuta dalla legge. Due sconosciuti imperfetti uniti dalla vita da un comune destino: la solitudine.
Qualunque fosse stato il seguito degli avvenimenti a loro riservati, quella sera sembrava messa lì apposta per farli ridere e stringere uno nelle braccia dell'altro. 
Bea e Simone, due anime solitarie che si erano incontrate per volere della sorte e si stavano abbracciando stretti mentre una coppia vera poco a fianco a loro era slegata e discuteva animatamente. Quanto sono bravi i contrasti a creare illusioni ottiche! 
Poi un rumore nella sabbia, dei passi. 
Una ragazza sulla trentina si era avvicinata a chiedere un accendino. Bea non fumava ma Simone fu pronto a cercarlo nelle tasche dei jeans. Lo trovò, glielo porse, ma era scarico. La ragazza diede la colpa alle sue energie sbagliate che hanno il potere di scaricare tutto quello che toccava. Niente. L'accendino non dava più segni di vita. Poi arrivò anche il ragazzo. Più grande di lei, con fare bonario e tranquillo. Aveva voglia di fumare anche lui, ma senza il fuoco era difficile soddisfare quella voglia. Poi la ragazza perlustrò per bene la sua borsa, rovesciandola. Trovò magicamente un accendino, stavolta funzionante. Giusto per gli ultimi colpi. Si accesero tutti una sigaretta in segno di trionfo. I due ragazzi si sedettero in compagnia a scambiare due parole.
Bea guardò divertita il quadretto che si era appena creato. E rimase favorevolmente sorpresa di sentirsi facente parte di un gruppo nato dal nulla e così ben compatto. Le luci del baretto vicino si erano spente. I gestori stavano andando a riposare. C'era solo la luminosità del cielo colmo di stelle a illuminare la notte. Da lontano arrivava ancora qualche voce di giovani bande che ridevano divertite. Per il resto, solo il rumoreggiare delle onde che sbattevano inesorabili sul bagnasciuga. La ragazza chiese a Bea di dove fossero originari. Di Milano rispose Bea. La ragazza disse che non ci era mai stata. Lei abitava lì, in quella cittadina di mare che doveva essere tanto allegra e colorata d'estate quanto triste e grigia di inverno. Ma lei abitava in un borgo antico ancora più sconosciuto, alle pendici di un monte, in un comune che contava solo 200 abitanti. E a qualche chilometro da lì lui gestiva un'attività in proprio, un agriturismo, disse. Ma anche lui era originario di Milano. Si era trasferito lì da ormai sette anni. Questione di scelte. Non precisarono quali. Quando Bea chiese curiosa il nome dell'attività, lui la disse pronunciandola con la cadenza del posto. Di Milano ormai lui non aveva più nemmeno l'accento. 
Poi lanciarono l'invito per andarli a trovare nei prossimi giorni. Lei addirittura propose a Bea e Simone di trasferirsi lì a vivere, che si stava tanto bene! Aveva già trovato il lavoro per tutti: Bea avrebbe aiutato lei a vendere abiti e Simone avrebbe aiutato lui nell'agriturismo. Bea fu contenta di aver conquistato la fiducia della ragazza in così poco tempo. A Milano non era consuetudine approcciare con questa facile confidenza. Chiese loro di che segno zodiacale fossero perché aveva insita nell'animo la conoscenza delle combinazioni astrali. Si divertiva spesso a fare questo gioco, ma generalmente quella era una domanda che arrivava un pò più in là nel tempo, non a così pochi minuti da una nuovo incontro. Loro risposero di appartenere entrambi allo stesso segno zodiacale e Bea li racchiuse in un'unica definizione peculiare trovando subito l' approvazione di lei che, divertita, insistette per ricevere altre indicazioni sul loro segno e sul loro futuro. 
Poi la ragazza chiese a Bea se lei e Simone fossero sposati o fossero insieme da tanto tempo, ignara di quanto fosse lontana dalla verità e si sentì rispondere che erano solo amici. Non si convinse. Avrebbe voluto qualcosa di più per loro. Avrebbe desiderato rispecchiarsi nella loro storia o confrontarsi per scoprire segreti e difficoltà di come si consuma un amore in una città caotica e indisponente come Milano, quando le distrazioni la fanno da padrona e non lasciano tanto spazio ai sentimenti.
Avrebbe voluto scoprire da cosa era data quella luce che brillava negli occhi di lui e di lei, pensando che non poteva essere l'effetto della birra a renderli così felici e spensierati. Sembrava quasi che la Tramontana di quei giorni li avesse trascinati lontani da problemi e vicissitudini quotidiane per restituirli ad una vita senza spazio e senza tempo dove calma e tranquillità esulavano da esigenze propriamente vacanziere.
Bea e Simone si capivano, si spalleggiavano nelle risposte e si divertivano a creare interesse nella mente curiosa e bizzarra di quella ragazza di periferia. 
La serata aveva preso un risvolto completamente sorprendente e imprevedibile.
Bea era felice. Si stava affezionando a quei due, al momento, alla situazione, a quella notte così magica che stava regalando strepitose emozioni e che avrebbe voluto non finisse mai. Era elettrizzata e divertita come un bambino per la prima volta al luna park. 
La felicità è fatta di attimi anche brevi come sorrisi, carezze, parole di riconoscenza, ma che hanno il potere di migliorare la vita delle persone quanto un panino imbottito quando si ha tanta fame.
Non importava la connotazione dei personaggi in quella vicenda. Nulla era combinato ma niente era lì per caso. Tutti erano sconosciuti tra loro ma sembravano stare seduti nella giusta postazione in perfetta sintonia con l'Universo da rendere tutto così reale e al tempo stesso magico.
Ed era in quei momenti che si avrebbe voluto possedere un biglietto di sola andata.
A così tanti chilometri da casa Bea e Simone avevano trovato la loro estate nel cuore dopo lunghi mesi d'inverno. 

Sonia Cascitelli

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